Sappiamo che la poesia, anche quando deve parlare d’altro, ha sempre in sé la capacità di pensare al suo essere. Ed è proprio questa doppia valenza che permette di trasportare la propria lingua in una scrittura e una lettura che diffonde nel testo i segnali di significazione autonoma; segnali che evidenziano una poetica, o almeno una sua interpretazione. Ebbene, Loredana Magazzeni, mostra in queste poesie con quali sentimenti di forma, forza e leggerezza, e senza forzature programmatiche, sia possibile risignificare un mondo. Il luogo, cioè, in cui i versi vivono e a cui danno contemporaneamente vita, con un lavoro di costruzione e crescita che è simile a quello di un “muratore” o un “giardiniere” della parola.
Ma, con ancora più valore e precisione, il fare poetico viene definito, attraverso la metafora del “cucire”, una riparazione: perché questo è “il gesto più sapiente”. Riparare attraverso la poesia che intreccia i fili e ridà nuova forma e nuova vita. E in questo senso si comprende, leggendo i testi, quanto l’autrice sia consapevole che una forma di vita porta sempre con sé una configurazione di sensi: una diramazione che interiorizza il suo dire, ma che non si dà mai nello stesso modo, mai con la stessa certezza. Perché un movimento, un punto di vista, una percezione emotiva o intellettiva, in condizioni diverse (per tempi, stati d’animo, letture) cambiano inevitabilmente le modalità generative con cui la significazione si fa senso. Continua a leggere