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Di messa a fuoco
È un lento processo
Il comporre.
L’attesa macina un tratto:
Preghiera notturna
Per tende e cavalli.
Vacilla il deserto
A fissare una stella
Per ore.
Chiudere un occhio
E coprire col dito
La luna.
Pensare dietro la volta
Un mare di buio e di vento
Come se fosse ripreso
Dentro la fronte.
Semplice vita:
Un fendente d’accetta
Assestato nel centro
Del quadro. 

*

Si estende a tutta la scrittura
Un particolare della fattura:
Com’era – in altri tempi – accidentale
Ora è necessario in me.
Tutta la composizione
Si intona, conforme,
Ad accordi così stretti
Che pare esploda
Ogni parola
Nella gola della forma.

*

Dall’abbaino alla punta della croce del casamento cadente
sul piazzale ero l’unico ammesso ad osservare l’antica
processione delle sante: con vita alta, passi lunghi e calmi,
in marcia attraverso la spianata fino all’oscura pineta del
rifugio.
Chi accendeva luci fiammeggianti
Dove io non c’ero né potevo andare?
Chi scambiava fuochi arsi in altre gare,
Sigillava le bare nel tremante cimitero?
Coperte di blu e nero, dal regale portamento, capelli nel
turbante, le sacre madri seguivan dell’evento i testimoni.
Già nel mare aperto, i ricercati dell’annata erano scesi a
mezzodì per veleggiare su scafi acuminati, più veloci. Non
potevano vederle e dovevano fuggire per esser spettatori,
per provare sentimento: avessero indugiato, sarebbero
stati superati! La parata dissennata replicava per rispetto
delle donne dall’aspetto poco umano.
Chi bruciava del canneto le ultime pannocchie
Allo stagno dove non potevo stare?
Chi piangeva nella stanza chiusa a chiave,
S’univa alla calca del gremito funerale?

*

I libri impolverati
Accatastati alle mie spalle
Ora odiavo
Con le mie forze da schiavo.

La sera era soltanto studiata
Mandata a memoria, laccata.
Mai avevo annusato
Il suo seno
Mai intuito il mistero
Scavato il terreno.

*

Il pensiero non reggeva la corrente.
Relitto discosto dalla riva
Nell’acqua scendeva ribollendo
Dappertutto riversava le cascate
E la schiuma che imbarcava già sul ponte.
Nel fluttuare boccheggiante del discorso
Galleggiava un esercito di frasi,
Tutte in relazione, incatenate o sparse,
Senza un comandante.
Per immagini di incontri occasionali
O ricordi di semplici tragitti
Non bastava una pagina stampata.
Ritrovare le matrici, caricarle sulla nave,
Aggirare gli uragani e tornare sani e salvi:
Era questo nostro compito la pena.

*

prefazioneperivan

Ezio Gribaudo, Prefazione per Ivan, flano e tempera, 2011