
Non penso che si possa diventare Ex madre, come intitola perentoriamente il suo ultimo libro la nota poeta e critica Francesca Del Moro. Secondo me, si rimane madri per sempre, e le novantaquattro poesie del libro lo riaffermano in ogni pagina, come uno stigma infuocato. Madre dolorosa, come quella dei Malavoglia di Verga.
… la porta spessa quanto l’infinito, infinito ritornante di leopardiana memoria. Leopardi è stato il poeta della giovinezza, del dolore universale, delle rimembranze.
La lettrice, il lettore proseguono nella lettura, anche stando male a volte, senza potere interrompere. Fra liquido e solido, fra visibile e invisibile, fra immaginazione e concretezza, come afferma Luigi Carotenuto.
Poesie che attingono al buio, in cui sorprendentemente fa capolino la luce, anche se flebile o dura o riflessa.
Un altro elemento sorprendente, in questi tempi di relazioni difficili, è la consolazione, la fiducia che l’autrice ripone negli amici/che, di cui ho il piacere e l’onore di fare parte. Con loro è possibile condividere il dolore.
Il figlio aveva colori esuberanti, nello splendore dei suoi sedici anni, come avrebbe scritto Prévert. E lei, nonostante tutto, ne nomina nove: rosso, grigio, giallo, nero, bianco, oro, rosa, azzurro, miele.
Il rosso come simbolo di amore e di ferita insieme.
La luna piena, le stelle e il sole a picco resteranno per sempre, come in quei dannati giorni e notti di luglio. Anche se si confondono, e, a volte, improvvisamente scompaiono. Una natura non matrigna, così come è amica la bianca gatta.
La lotta fra gioia e dolore, giorno e notte, sole e luna, chiaro e scuro, silenzio e musica, angeli e demoni, caldo e freddo, luce e buio, vita e morte, caratteristica dell’esistenza e della poesia, si fa qui acerrima, all’ultimo sangue. Col predominio del buio e del dolore, ma con improvvisi, inaspettati squarci di luce.
Francesca si vede dal di fuori, si definisce morta in vita, con gli occhi rotti, con i morsi nel corpo, con il dolore appeso all’occhio, col vuoto di fronte. Ma la musica e la poesia non possono mancare.
Nella forma sono musicalità, uso delle rime e delle ripetizioni, sintesi e a volte un respiro più lungo, uso dell’aggettivo possessivo, segno di affettività, e uso arrotante della “r”, adatto alla rabbia e al dolore.
Nel grigiore… splende solo il ricordo.
Sopravvivi
come un’incrostazione sul muro.
i morsi al cuore e arrivare a sera.
L’amore è insopportabile.
la mano ferma
nel ricucire.
(Serenella Gatti Linares)
Poesie scelte
Ho stretto l’urna contro il ventre,
pesava pressappoco come allora.
Un figlio lo contieni sempre
e ogni minuto io contengo,
ogni minuto sento dentro
mio figlio che muore,
mio figlio che decide di morire.
*
Di colpo, tra un’email
e una traduzione, un caffè
e uno squillo del telefono,
il freddo nel petto, il brivido
in gola di spavento, sentire
che lui non c’è più.
*
Alla fermata della corriera,
sul bordo della strada,
sono solo una sagoma,
protetta dal buio della sera
e dai rumori delle auto,
dei camion di passaggio.
Posso piangere ora,
posso urlare, guardare
i fanali sfrecciare, capire
che basterebbe qualche passo
tra questo e la fine.
*
Anch’io
Sarò un tramonto
quel giorno,
un cammino lento,
un largo di cielo negli occhi,
il mare che mi respira.
*
Numero di figli: zero.
L’innocente ferocia
di un banale questionario.
L’amore mio immenso.
Zero.
