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Si diceva fosse una storia come tante

31 domenica Mag 2020

Tag

Enzo Campi, Filosofia, Poesia, Poesia contemporanea, Poesia italiana contemporanea, poetica, riflessioni, testi

0003 (1)

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Pubblicato da enzocampi61 | Filed under De(al)locazioni figurali, Enzo Campi, Filosofia, Letteratura della crudeltà, Letteratura Necessaria, poesia, Poesia concreta, Poetiche del pensiero, Uncategorized

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letteratura necessaria azione 50

22 sabato Mar 2014

Posted by enzocampi61 in Enzo Campi, Eventi, Letteratura contemporanea, Letteratura della crudeltà, Letteratura Necessaria, poesia, Uncategorized

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Tag

alessandro assiri, Alfredo De Palchi, Angelo Benedetti, animalìa, azione 50, Barbara Pinchi, Bologna, Chiara Baldini, Claudia Zironi, Dan Fante, Eloisa Guarracino, Emanuela Rambaldi, Enzo Campi, Eventi, Fabrizio Corvi, Fosca Massucco, Lella De Marchi, Letteratura Necessaria, Lucia Marilena Ingranata, Mario Sboarina, Martina Campi, Silvia Secco, Spazio 100300 cafè, Vera Lucia De Oliveira, Versante Ripido

Letteratura Necessaria – Azione 50

(in collaborazione con Versante Ripido)

ANIMALÌA (umano troppo umano)

Sabato 29 Marzo – Ore 19.00

Spazio 100300 – Via Centotrecento 1/a

BOLOGNA

loc def anim

Programma

Prima parte
 
Artaud Suite 6.0
Preambolo dedicato di Sivia Secco
Voci originali di Paule Thevenin e Antonin Artaud
da Pour en finir avec le jugement de dieu, 1947
traduzione simultanea di Enzo Campi

Stato animale
di e con Lella De Marchi

Primo studio sul progetto Umani
Testi Barbara Pinchi
Fotografie e video Fabrizio Corvi
Musica Angelo Benedetti

La sparizione del corpo (aberrazione in due stadi)
di e con Martina Campi
Musiche Mario Sboarina

Seconda parte

In collaborazione con Versante Ripido (fanzine on line di diffusione letteraria), una selezione di testi sul tema dell’animale pubblicati sul numero di Marzo.

 

Presentazione Emanuela Rambaldi
Testi di
Dan Fante, Alfredo De Palchi, Lucia Marilena Ingranata, Chiara Baldini,
Eloisa Guarracino, Vera Lucia De Oliveira, Fosca Massucco
letti da
Alessandro Assiri, Claudia Zironi, Lucia Marilena Ingranata,
Silvia Secco, Chiara Baldini, Enzo Campi

 

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Artaud (5)

16 sabato Feb 2013

Posted by enzocampi61 in Antonin Artaud, Coabitazioni, Letteratura della crudeltà, Letteratura Necessaria, poesia, Poetiche del pensiero, Ricognizioni, Uncategorized, Voci del Novecento

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Adelphi, antonin artaud, Interiezioni, Jean-Paul Manganaro, Letteratura della crudeltà, Letteratura Necessaria, Poesia, Succubi e supplizi, Voci del Novecento

E scivolano dall’apice testicolare del cranio
la morva
dei loro stupri senza fine,
gli spiriti innestati sotto il rovescio della lastra degli specchi,
nelle vecchia determinazione millenaria ad aspirare l’euforia
senza fine,

con la complicità di tutti gli esseri nati
sul corpo del vecchio Artaud
sepolto
poi dissepolto
da se stesso
fuori dalle eternità  Continua a leggere →

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Artaud (4)

17 sabato Nov 2012

Posted by enzocampi61 in Antonin Artaud, Coabitazioni, Letteratura della crudeltà, Letteratura Necessaria, poesia, Poetiche del pensiero, Ricognizioni, Uncategorized, Voci del Novecento

≈ 3 commenti

Tag

antonin artaud, CsO: il corpo senz’organi, Letteratura Necessaria, Marco Dotti, Mimesis edizioni, Note per una lettera ai Balinesi, Tel quel, Voci del Novecento

[…]

Cos’è la motilità?
È il poter rendere se stessi corpo
in funzione di una volontà
di rapacità,
di bestialità,
di brutalità,
di forza,
di costanza,
di dignità,
Continua a leggere →

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Artaud (3)

13 martedì Nov 2012

Posted by enzocampi61 in Antonin Artaud, Coabitazioni, Letteratura della crudeltà, Letteratura Necessaria, Ricognizioni, Uncategorized, Voci del Novecento

≈ 1 Commento

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antonin artaud, Enrico Fumagalli, Letteratura della crudeltà, Letteratura Necessaria, Liberoscambio edizioni, Paolo Uccello, Voci del Novecento

Uccello, amico mio, mia chimera, sei vissuto con questo mito dei peli. L’ombra di questa grande mano lunare, su cui imprimi le chimere del tuo cervello, non arriverà mai fino alla vegetazione del tuo orecchio che gira e brulica a sinistra con tutti i Continua a leggere →

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Artaud (2)

12 lunedì Nov 2012

Posted by enzocampi61 in Antonin Artaud, Coabitazioni, Letteratura della crudeltà, Letteratura Necessaria, Ricognizioni, Uncategorized, Voci del Novecento

≈ 4 commenti

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antonin artaud, Elitropia edizioni, Finisterre, Holbein, Il volto umano, Ingres, Letteratura della crudeltà, Letteratura Necessaria, Van Gogh, Voci del Novecento

Il volto umano è una forza vuota, un campo di morte.

La vecchia rivendicazione rivoluzionaria di una forma che non è mai corrisposta al suo corpo, che era partita per essere altra cosa dal corpo. È perciò assurdo rimproverare di essere accademico a un pittore che attualmente si ostini ancora a riprodurre i tratti del volto umano così come sono; poiché così come sono non hanno ancora trovato la forma che indicano e designano; e tracciano ben più che uno schizzo, ma dal mattino alla sera, e nel mezzo di diecimila sogni, pestano come nel crogiolo di una mai stanca palpitazione passionale. Il che significa che il volto umano non ha ancora trovato la sua faccia e che sta al pittore dargliela. Ma il che significa che la faccia umana così com’è la si cerca ancora con due occhi, un naso, una bocca e le due cavità auricolari che rispondono ai buchi delle orbite come le quattro aperture della tomba della morte che è prossima. Il volto umano porta infatti una specie di morte perpetua sul suo volto che sta appunto al pittore salvare rendendogli i propri tratti. Dopo mille e mille anni infatti che il volto umano parla e respira si ha ancora l’impressione che non abbia ancora cominciato a dire ciò che è e ciò che sa. E io non conosco un solo pittore nella storia dell’arte, da Holbein a Ingres, che, questo volto d’uomo, sia giunto a farlo parlare. I ritratti di Holbein o di Ingres sono dei muri spessi, che non spiegano nulla dell’antica architettura morale che si inarca sotto gli archi di volta delle palpebre, o si incastra nel tunnel cilindrico delle due cavità murali delle orecchie. Il solo Van Gogh ha saputo ricavare da un volto umano un ritratto che sia il razzo esplosivo di un battito di cuore scoppiato. Il suo. La testa di Van Gogh col cappello floscio rende nulli e non avvenuti tutti i tentativi di pitture astratte che potranno essere fatti dopo di lui, fino alla fine dell’eternità. Poiché questo volto di macellaio avido, proiettato come per un colpo di cannone sulla più estrema superficie della tela, e che d’un colpo si vede arrestato da un occhio vuoto, e rivoltato verso il dentro, svuota a fondo tutti i segreti più speciosi del mondo astratto in cui la pittura non figurativa può cullarsi, ed è perciò che, nei ritratti che ho disegnato, ho evitato innanzitutto di scordare il naso, la bocca, gli occhi, le orecchie o i capelli, ma ho cerato di far dire al volto che mi parlava il segreto di una vecchia storia umana che è passata come morta nelle teste di Ingres o di Holbein. Ho fatto venire talvolta, a fianco delle teste umane, degli oggetti, degli alberi o degli animali, perché non sono ancora sicuro dei limiti ai quali può arrestarsi il corpo dell’io umano.

Io ho d’altronde rotto del tutto con l’arte, lo stile o il talento in tutti i disegni che si vedranno qui. Voglio dire che guai a chi li considerasse come opere d’arte, opere di simulazione estetica della realtà. Nessuno di essi è un’opera in senso proprio. Tutti sono degli schizzi, voglio dire dei colpi di sonda o di maglio dati in tutte le direzioni, secondo il caso, la possibilità, la chance o il destino. Non ho cercato di curare in essi i miei tratti o effetti, ma di manifestare in essi delle specie di verità lineari patenti che esprimano lo stesso valore sia attraverso le parole e le frasi scritte che mediante il grafismo e la prospettiva dei tratti. È perciò che molti disegni sono un miscuglio di poesie e ritratti, di interiezioni scritte e evocazioni plastiche di elementi, di materiali, di personaggi, di uomini o di animali. È perciò che bisogna accettare questi disegni nella barbarie e nel disordine del loro grafismo «che non si è mai preoccupato dell’arte» ma della sincerità e della spontaneità del tratto.

(Antonin Artaud, Il volto umano, 1947, scritto come prefazione a una mostra dei suoi disegni. La versione qui riprodotta è estratta da AAVV, Finisterre, N° 1, autunno inverno 1985, Elitropia edizioni, Reggio Emilia)

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Artaud (1)

11 domenica Nov 2012

Posted by enzocampi61 in Antonin Artaud, Coabitazioni, Letteratura della crudeltà, Letteratura Necessaria, Ricognizioni, Uncategorized, Voci del Novecento

≈ 4 commenti

Tag

antonin artaud, Carlo Pasi, Elitropia edizioni, In forma di parole, Letteratura Necessaria, Voci del Novecento

[…]

“Ciò vuol dire, dissi a quel pidocchio infine, che la terra è piena di esseri che non sono usciti da te, ma da me perché io sono della terra Ca Ca, Ca Ca l’amore che non capisce nulla di se stesso perché capire è inquinare l’infinito e l’essere dell’infinito fu sempre di non essere un essere che a condizione di essere finito”. Ma basta con la filosofia. – Il divano marrone del boulevard della Blancarde 59 a Marsiglia aveva cessato di ispirarmi. – Capii che l’io non era un problema, che l’anima non lo è,  fuoco d’amore che si propulsa essere sotto la guardia eterna di un essere che è la base dell’amore. Come l’antracite è la base del fuoco e vivere è vivere d’amore, come essere è essere una nota, timbro interno di un insondabile amore –. Ma non amavo neppure quella mistica, le parole dell’essere non sono la dialettica come questo testo, sono ciò che non è il mostro, mostro che mostra la cacofonia, la cacofonia sotto la mistica, ma l’anima essere della cacofonia come questo testo è stilistica ahimè!

Allora?

Allora se io non sono che cacofonia, che è la voce del mio mal-essere, è tempo di fare essere il mio essere, farlo venire nel suo elemento, il male in cui sto male in essere perché non capisce il male. Perché le parole sono cacofonia e la grammatica le combina male, la grammatica le combina male, la grammatica che ha paura del male perché cerca sempre il bene, il ben-essere, quando il male è la base dell’essere, peste dolore della cacofonia, febbre malore della disarmonia, pustola éscara d’una polifonia ove l’essere non sta bene che nel male dell’essere, sifilide del suo infinito. Chi non si è sentito dormire e infine, cuore, riposare nell’erotico della sua febbre intera quando supera 40 gradi. Chi non ha amato la sanie, il salace della sanie ove il corpo, uterino, si riposa nell’utero della sua malattia. – Chi non ha amato le sue pustole e l’éscara della sua follia, e la sua peste erotica nel letto quando stanco si riposa sui carboni d’una malattia. – Benedetta sia ogni malattia, perché la malattia sonda l’essere e lo forza ad uscire vivo.

(Da Antonin Artaud, Non ho mai studiato nulla, pubblicato sulla rivista “84”, N°16, 1950. Traduzione italiana di Carlo Pasi, in AAVV, In forma di parole, Manuale Primo, Elitropia edizioni, Reggio Emilia, 1983)

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