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Archivi tag: Poesia italiana contemporanea

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Si diceva fosse una storia come tante

31 domenica Mag 2020

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Enzo Campi, Filosofia, Poesia, Poesia contemporanea, Poesia italiana contemporanea, poetica, riflessioni, testi

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Pubblicato da enzocampi61 | Filed under De(al)locazioni figurali, Enzo Campi, Filosofia, Letteratura della crudeltà, Letteratura Necessaria, poesia, Poesia concreta, Poetiche del pensiero, Uncategorized

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Enzo Campi & Sonia Caporossi – Le nostre (de)posizioni

12 martedì Mag 2020

Posted by enzocampi61 in critica letteraria, Enzo Campi, Filosofia, poesia, Saggistica, Uncategorized

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Abbandono/Abbondanza, Adriano Engelbrecht, Alberto Bertoni, Alberto Masala, alessandro assiri, Alessandro Brusa, Arte-fatti Contemporanei, Bonanno Editore, Campi Magnetici, Che cos’è la poesia?, Comunicazione, Corrado Costa, Critica, critica letteraria, Cultura, Delocazioni, deposizioni, Deterritorializzazione, di Gian Maria Annovi, Dispiegamenti, Disseminazioni, Double Bind, Enzo Campi, Eventi, Fenomenologia, figure, Figure di Figure, Filosofia, Gabriella Montanari, Gian Maria Annovi, Gian Ruggero Manzoni, Giancarlo Sissa, Giorgio Bonacini, Giusi Montali, Il noi della poesia, Il terzo genere, Interferenze, L’io della poesia, Le nostre (de)posizioni, Letteratura, Lorenzo Mari, Maria Luisa Vezzali, Maria Pia Quintavalla, Mariangela Gualtieri, Mariangela Guàtteri, Martina Campi, Nuove Scritture, Poesia, Poesia ad Alta Voce, Poesia aumentata, Poesia concreta, Poesia contemporanea, Poesia Italiana, Poesia italiana contemporanea, Poesia Performativa, Poesia Visiva, poetica, Posizioni & Deposizioni, Post-Poesia, Prosa, riflessioni, Scritture, Segni, Sergio Rotino, Sonia Caporossi, Spaesamento, Teatro, testi, Vincenzo Bagnoli, Vito Bonito

Il volume è disponibile per l’acquisto sul sito della casa editrice

http://www.gebonanno.com/product/le-nostre-deposizioni/

 

 

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Il titolo del libro, Le nostre (de)posizioni (Bonanno editore), ricalca e deforma il titolo di un volume di Corrado Costa (Le nostre posizioni). Perché Costa? Perché Costa rappresenta una delle eredità non raccolte dalla contemporaneità poetica emiliana, perché era anch’esso emiliano, perché è citato in epigrafe, perché diceva che: “ Il luogo della poesia torna sempre fuori, anche se il poeta è senza luogo”, ma è anche vero che il luogo del poeta si trova là dove il poeta in quel determinato momento opera o, se preferite, fa opera-di-sé. Ed è anche per queste ragioni che, in quella che è la nostra delimitazione territoriale, i confini tra nativo e straniero dovrebbero essere definitivamente aboliti.

Si potrebbe dire, tanto per cominciare, che l’approccio di Enzo Campi sia francesista e quello di Sonia Caporossi sia germanista, almeno dal punto di vista filosofico. I lettori si troveranno di fronte a una prima parte più combinatoria e a una seconda parte più analitica. Ognuno dei due autori si getta nella visitazione di 10 poeti contemporanei che hanno qualcosa a che fare con l’Emilia Romagna, in qualità di nativi residenti, nativi deterritorializzati e stranieri adottati. Non sappiamo se si sentisse effettivamente il bisogno di un saggio che facesse il punto o  che disseminasse punti di vista e di ascolto ulteriori a ciò che viene «spacciato» come  poetico in Emilia Romagna. Fatto sta che quest’opera, almeno nelle intenzioni a monte, non intende colmare presunte lacune né tanto meno veicolare dogmi inalterabili  o concetti inappuntabili.

Si parte da due  punti fermi, forse gli unici dati di fatto dell’intera opera  (tutta l’opera verte difatti sull’attraversamento incondizionato del registro dei possibili): da un lato il rifiuto categorico di una scala oggettiva di valori e dall’altro lato la trans-territorialità.

In poesia, oggi come oggi, sarebbe deleterio nonché inutile redigere una classifica e operare in base a presunte differenze di valore. In poesia quindi non si dà oggettività, ma questo non vuol dire che si debba operare tenendo conto della propria soggettività, ovvero del proprio gradimento verso una o più poetiche specifiche. Difatti gli autori che vengono visitati dalle penne dei due critici sono stati scelti, tra i tanti papabili, solo per la possibilità che hanno le loro poetiche di ricondursi a una serie di concetti che vengono, di volta in volta, affrontati nel corso del lavoro.

Resta da precisare che gli autori non saranno trattati nello specifico di una determinata opera ma nell’insieme della loro produzione complessiva e, soprattutto, tenendo conto del loro modo di approcciarsi o di rendersi prossimi a quella che è l’unica costante a cui tutti i praticanti della scrittura dovrebbero relazionarsi, ovvero all’estensione, alla messa in atto di un gesto, in due sole parole: al conferimento di energia e tensione al testo. Il tutto all’insegna di una tecnica, di un metodo e quindi di una presunta maturità di linguaggio. Per queste (e altre) ragioni, in linea di massima,  non si è tenuto conto di autori sicuramente  meritevoli ma con all’attivo una sola opera o comunque poco più che esordienti.

Così come è giusto che sia, al di là dell’impostazione generale, essendo due le penne scriventi ci si troverà dinanzi a due diversi approcci e a due diverse focalizzazioni dei punti salienti da argomentare.

L’opera consta quindi di due parti. La prima parte  a cura di Enzo Campi tratta le poetiche di Alessandro Assiri, Giorgio Bonacini, Vito Bonito, Martina Campi, Mariangela Guatteri, Gian Ruggero Manzoni, Lorenzo Mari, Giusi Montali, Giancarlo Sissa, Maria Luisa Vezzali. La seconda parte, a cura di Sonia Caporossi, tratta le poetiche di Gian Maria Annovi, Vincenzo Bagnoli, Alberto Bertoni, Alessandro Brusa, Adriano Engelbrecht, Mariangela Gualtieri, Alberto Masala, Gabriella Montanari, Maria Pia Quintavalla, Sergio Rotino.

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Animalìe e agiografie

07 sabato Dic 2019

Posted by enzocampi61 in Coabitazioni, Enzo Campi, poesia, Uncategorized

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Alberto Vitacchio, Antonino Contiliano, Bologna in lettere, Bologna in Lettere - Il festival dei nostri tempi, Bottega della Poesia, Carla Bertola, Corrado Costa, deposizioni, Enzo Campi, Eugenio Lucrezi, Filosofia, Karine Marcelle Arneodo /Nanni Cagnone, Letteratura, Performance, Poesia, Poesia aumentata, Poesia contemporanea, Poesia italiana contemporanea, poetica, Reading, Repubblica-Napoli, riflessioni, Spoken, testi

La Repubblica – Napoli

Sabato 7 dicembre 2019

 

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Felice e inaspettata coincidenza, quella di trovarmi insieme a Corrado Costa a una sola settimana dalla serata-evento per Costa che sto organizzando per Bologna in Lettere  [https://www.facebook.com/events/436359163710308/ ]. In compagnia di ottimi autori quali Karine Marcelle Arneodo /Nanni Cagnone, Alberto Vitacchio, Antonino Contiliano, Carla Bertola, il tutto per iniziativa di Eugenio Lucrezi, curatore della Bottega della Poesia di Repubblica-Napoli, a cui vanno i miei sinceri ringraziamenti.

 

 

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Colgo l’occasione per ricordarvi il prossimo evento

della nuova stagione di Bologna in Lettere dedicato a Corrado Costa

 

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Gesti d’aria

24 giovedì Ott 2019

Posted by enzocampi61 in Enzo Campi, Letteratura Necessaria, poesia, Poetiche del pensiero, Uncategorized

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Alla fine della poesia, Enzo Campi, Filosofia, gesti d'aria, incombenze di luce, Letteratura, Poesia, Poesia contemporanea, Poesia e filosofia, Poesia italiana contemporanea, poetica, riflessioni, testi

Gesti d’aria

 

 

 

(Fiorì sfiorì l’ombra
in cui inabissai
la parvenza di luce
che il mio corpo
in un gesto d’aria
ancora offriva
all’incedere del suo
simulacro)

Si moltiplicano le domande per chi per
cosa o semplicemente perché ancora
persiste insiste la voglia sfrenata di
miniare a mo’ di ghirigoro la dissoluzione

della firma

e l’incoscienza della marca.
Ancora sui miei passi rinnovo il colpo
e tocco l’evanescenza delle voci che

cristallizzano l’aria

in cui sottrarsi al gesto.
Di poco in poco ritrapuntati e franti
riemergono inabissandosi i pulviscoli rubati
alla luce dell’altrui irriverenza.
Groviglio di linee estese le stesse diverse
conoscono e comprendono la pura elettricità
volta a sfaldare l’arteria e precipitano di testa
nella chōra austera dell’intervallo.
Carne al macello di traverso al seno:
il cuore si sfalda fibrillando sulla graticola.
Di foce in vece dell’intero sono io

ipso e fatto recto e verso: una bestia da soma

che s’involtola ed estrude il sorgivo fonema

in cui condursi al fondo.

 

Sia rianimato l’inanimato dall’algido fiato
in cui mescere il perlaceo succo della luce
che cade a perpendicolo e mi tace
mi dice di quell’aspra ligatura
che si consegna all’urto chiudendosi a riccio.

(Fiorì sfiorì la luce
in cui si stagliava
l’ombra sfrangiata
che il mio corpo
in un’incombenza d’aria
ancor mancò
al ritrarsi del suo
simulacro)

 

*

 

Una nota a latere.

 

 

 

fine, sia,
in fondo
al senza fondo

In un regime di luce. Puro sacrificio a consolidare.

Avanza la perdita, rinviene svenendo nella crudeltà primultima del sacrificio.

Essere-presso-di-sé sfuggendosi: traspropriazione della fine.

Si dirà: godo e sono, in quanto vengo e svengo nella ripetizione del gesto.

Arranca il sublime. Si disequilibria sull’orlo del baratro. Limite, reticolato, filo spinato. Propensione alla posizione, alla disposizione, alla deposizione. Solo una tentazione. Crollo. Libertà. Solo sfiorare e mai colpire.

E il rintocco a morto è pura inarrivabilità.

Quasi profetica, si rinnova l’aria in cui perdersi. Dispersione dei pulviscoli. Briciole dell’infinitesimo. Sforzo percettivo. Ancora un gesto.

In un regime d’aria. Impuro sacrificio a dissolvere.

Il cuore inscritto nell’occhio. Ma l’occhio è cieco. Cieca guida di ciechi. La cosa è cieca. Per questo si ripete nella differenza. Abulica iconoclastia dell’abbraccio che non tocca. Ancora una volta: solo sfiorare e mai colpire.

Cosa?

La cosa?

“Cosa è (una) cosa?”

La cosa stessa o il pensiero di una cosa che possa essere cosa?

Interrogazioni. Solo questo. E altro. Altro dal senso. Altro senso. In rapporto al sé e all’altro. Crudeltà e sacrificio.

Luci e sovresposizioni: l’urlo a delinquere!

Aria e sospensioni: il soffio a stagliare!

fine, sia,
in cima
all’immisurabile

 

 

© Enzo Campi, 2008-2009

 

 

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Enzo Campi – Una trama

02 venerdì Ago 2019

Posted by enzocampi61 in Enzo Campi, Filosofia, Letteratura contemporanea, Letteratura Necessaria, poesia, Uncategorized

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Enzo Campi, Filosofia, Letteratura, letture, Poesia, Poesia contemporanea, Poesia italiana contemporanea, poetica, Sequenze per cunei e cilindri, testi

una trama

dissero per poi

ribadirlo con l’

aggiustamento del

tiro con l’

arco ben teso di-

steso magari

allettato la

messa a

fuoco mancata la

messa a

riposo del

guerriero l’

esproprio del

fallo l’

avvento del

folle l’

appercezione la

catena patemica il

patema d’

animo tutti i

segni gli

elementi per

costruire l’

ordito per

sciogliere i

nodi i grumi un

flebile raccordo l’

uscita facilitata dall’

irrisolta dimora

verso cosa verso

dove verso i

punti dismessi o

solo dispersi nel

mare di

sabbia che

impasta il

palato nello

stagno in cui è

bandito il

riflesso una

macchinazione

pensò ma fece l’

errore di

urlarlo ai

quattro venti e

poi si affiancò

silente alla

serie dei

succubi

rannicchiati in

posizione fetale

 

*

 

è

solo rancido il

cibo di

tutti es-

posto per

tutti e da

tutti negato è

solo sapido l’

umore del

sangue che

imperla il

pezzo di

carne messo a

riposo sull’

altare di

turno come

simbolo del

gioco del

giogo e l’

occhio

rivede nel

rivolo la

storia di

tutti il

sadico destino

che incombe la

mera aporia del

cogito ergo non

sarò mai

altro che

questo o

quello deposto

tra un libro

consunto e un

sasso di

fiume alla

stregua di un

giocattolo

passato di

moda e

abbandonato nel

sacco dell’

indifferenziato

 

 

(Enzo Campi, dal poema inedito Sequenze per cunei e cilindri)

 

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Uno sguardo di Cristiana Fischer su La statura della palma di Francesca Del Moro

06 sabato Apr 2019

Posted by enzocampi61 in Coabitazioni, critica letteraria, poesia, Uncategorized

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Anna Maria Curci, Canti di martiri antiche, Cristiana Fischer, Edizioni Cofine, Francesca Del Moro, La statura della palma, Poesia, Poesia aumentata, Poesia contemporanea, Poesia italiana contemporanea, sacrificio

 

Francesca Del Moro

La statura della palma. Canti di martiri antiche

Edizioni Cofine 2019.

 

 

 

 

 

Risulta dalla prefazione di Anna Maria Curci che questo lavoro di Francesca Del Moro, La statura della Palma, sia stato richiesto e che quindi si tratti della risposta a una proposta di impegnare la propria poesia su un tema. È qualcosa che accadeva in altri tempi, del lavoro poetico che non nasce in sé e per sé, ma si dedica.

Il tema, proposto a una donna oggi, è peraltro davvero interessante: rappresentare giovani donne che si sono giocate la vita in un conflitto assoluto, al prezzo di dover subire una folle violenza fisica. Perpetrata da uomini nel loro potere maritale e politico, come persecutori singoli, o tramite brutali esecutori, o attraverso la incontenibile violenza di un branco o orda eccitata.

Qualcosa che richiama una radice profondamente confitta anche nel presente.

Che quei fatti siano accaduti lo afferma la tradizione che ha trasmesso le Passioni dei santi e dei beati, e in quella tradizione vanno accolti come realtà avvenuta.

Per me lettrice si è trattato inizialmente di comprendere come la poeta Francesca avesse  affrontato il fatto di un tema proposto e non originato in sé. Successivamente ho voluto capire per quali vie la poeta avesse potuto suscitare in sé echi e coinvolgimenti con le protagoniste del libro, e infine sono approdata alle ragioni con cui ha potuto giustificare la loro scelta del martirio.

Sul piano di superficie del testo la mia lettura ha rilevato la padronanza linguistica e compositiva dell’autrice. Per ciascuna delle tredici poesie differente è stata l’”inventio” degli argomenti e la costruzione (dispositio) espositiva. Differenti ricorsi a figure di parola, di tessitura sonora, di impiego dello stile (sottile o veemente o elevato). Singolari esempi unici sono il fiato cantato della poesia di Cecilia e la danza macabra di Giuliana.

Le differenze di personalità tra le diverse sante sono agganciate alle Passioni della tradizione, che raccontando il martirio tracciano anche differenze di carattere, educazione, stato sociale. Di suo la poeta approfondisce le differenze tra le sante rappresentando le relazioni con un padre, con il figlio allattato e con la figlia partorita, il rapporto sororale nel caso di Perpetua e Felicita, quello magistrale tra Caterina e Regina martire.

Al livello più profondo del testo, quello della scelta del martirio per la fede, la poeta richiama valori propri della coscienza femminile oggi: la verginità e la castità intese come inviolabile interezza di sé anche oltre la profanazione e distruzione del corpo; la assolutezza del proprio scopo, o desiderio, aspirazione, che configura l’identità.

L’argomento del conflitto tra maschile e femminile è anche dramma dell’oggi – mentre è salvifico e trionfa nella dimensione interiore il rapporto amoroso con lo sposo, con il  fratello, il figlio.

Quel conflitto è direttamente il male. Satana si affaccia con Margherita. In veste umile e in pianto, chiede a Dio di giustificarsi per avere fatto di lui l’assassino, ma “vattene” grida Margherita, “la tua maschera pietosa non mi inganna”.

Un’altra voce si alza con l’ultima santa, i cui occhi penetrano la realtà. Anche la voce chiede al “respiro formidabile del padre/del padre che tace” conto del male.

Insieme a lui (“Ora s’invera in te la vista./Ti leggo tutti i nostri nomi/a uno a uno sulle labbra”) Lucia deve cadere: “Ma per me è già troppo tardi.// Non posso più rinunciare, non è tempo/per questo genere di ripensamenti.//Così cadranno insieme al capo/i miei occhi lucenti”.

(Cristiana Fischer)

 

*

 

 

 

 

AGNESE

 

 

 

Voi avete carni dure.

Coriacee pelli di testuggine.

Fauci di iene spalancate al riso.

Guizzi di lingue come anguille.

 

Siete costanti nell’assedio, furiosi nell’assalto.

 

Ma quale gloria avete, quale vanto

rubando con la forza quel che d’amore è un regalo?

 

Basta poco a fermare il cuore che non farete palpitare.

 

Mi strapperete la lingua ma non dirà il vostro nome

né formerete dalla mia bocca sanguinante un bacio.

Mi piegherete le braccia, eppure non vi cingeranno.

Se mi tagliate le mani, non mieterete carezze.

Non è passione la fiamma che mi colora le guance

né è resa questo abbandono.

Non sarà varco allo spirito alcuna breccia nella carne.

 

Fate un misero bottino di cose senza valore

il mio tesoro è nascosto.

 

Cristo ha già teso la mano verso il più alto ramo

dove, matura, l’uva vi dondola sul capo.

Solo lui succhierà i miei dolcissimi acini,

solo lui mi spremerà, mi farà vino al suo calice,

goccia a goccia mi berrà.

 

Lui vede ciò che vuole il cuore

ascolta il grido che s’innalza dall’abisso.

 

Rimane vergine chi non acconsente

e puro è il corpo se la volontà non cede.

 

Come foltissimo vello, come armatura a proteggermi

si allungano e mi vestono i capelli.

 

Ecco, le vostre mani arretrano, si congiungono in preghiera.

L’angelo annuncia la buona novella.

Uscite perdonati, uscite e predicate.

 

Non toccherete l’agnella.

 

*

 

 

 

FELICITA

 

 

 

Io sono l’assenza.

Sono la mancanza, il vuoto, il volto

per scherzo disegnato dalle ombre della notte.

Per scherzo, per celia verso il suo bisogno.

Il buco in cui precipita nel sogno.

La mano che non la coprirà

per proteggerla dal freddo. Sono

le braccia che si sciolgono, il diniego.

 

Rimango accanto a lei, così.

 

E la tengo qui con me, nel cielo

che rigonfia di spavento, nella terra

fecondata dalla mattanza.

Il suo pianto si dilata, ingrossa

sulle bocche che chiamano la morte

nelle fauci delle fiere, della vacca scalmanata.

 

Quanto è grande, Signore

il dono che mi hai dato e che ti rendo.

 

Appena in tempo per morire insieme ai tuoi

ho mosso un passo troppo breve

dal sangue di puerpera al battesimo di sangue

dall’ostetrica al reziario.

 

Ho un cerchio di braccia a contenere

le gambe disabituate al passo lieve.

Sono un frutto morbido, sgranato.

Un giorno lei saprà che non ho pianto.

 

Il sole a occidente annega nel suo sangue

presto anche il nostro scenderà.

 

Nell’ora in cui si mette il punto, nell’ora cupa della fine

offro i seni fiorenti ai morsi delle belve.

Ma a spezzarmi è un dolore più forte.

 

Perché io muoio a lei e lei mi muore.

 

Il corpo arretra in sé, da sé si esclude

data una figlia, nel dies natalis io mi do alla luce.

 

Ma quanto è grande, Signore, questa rinuncia all’amore.

 

Cado e Perpetua mi solleva, non trema il suo viso d’acciaio.

Si è ricomposta la veste, ha raccolto i capelli col fermaglio.

Dice in silenzio: “Non sarai femmina schiava del grembo

ricorda Abramo pronto al sacrificio

pensa a Medea forte nella vendetta.

Ama Dio più di lei, amalo fortissimamente”.

 

Dalla ferita aperta, ora mi genero alle tue mani

alle tue mani imbrattate delle nostre carni

le mani impregnate di tutti i nuovi nati.

 

Scende la quiete, il pianto tace.

La morte a me verrà più dolce di ogni dolcezza di madre.

 

 

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Premio Bologna in Lettere per poesia edita e inedita – V Edizione – 2019 – Il Bando

13 giovedì Set 2018

Posted by enzocampi61 in Bologna in lettere, Festival di letteratura contemporanea, poesia, Uncategorized

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asemic writing, audio, Bologna in lettere, Bologna in Lettere - Il festival dei nostri tempi, Bologna in Lettere 2019, Critica, Disseminazioni, Enzo Campi, Eventi, Festival, Festival di letteratura contemporanea, Festival multidisciplinare di Letteratura Contemporanea, Filosofia, Focus, Fotografia, incontri, Letteratura, letture, musica, Performance, Poesia, Poesia concreta, Poesia contemporanea, Poesia e filosofia, Poesia edita, Poesia inedita, Poesia italiana contemporanea, Poesia Visiva, Premio Bologna in Lettere 2019, Reading, riflessioni, Slam, Spoken, Teatro, testi, video, Video-Arte

PREMIO BOLOGNA IN LETTERE
PER OPERE EDITE E INEDITE DI POESIA
QUINTA EDIZIONE – 2019

Bando pubblico

In occasione della VII edizione del Festival di Letteratura Contemporanea

Bologna in Lettere

il Comitato Promotore
in collaborazione con Marco Saya Edizioni, Millenium Gallery
rende pubblico il bando della V edizione del

“Premio Bologna in Lettere” per Poesia Contemporanea edita e inedita

*

Il Premio è aperto a tutti e si intende attivo a partire dal 08/09/2018.
La scadenza per l’invio degli elaborati è fissata al 15/01/2019.
Al fine di agevolare i lavori delle giurie e per non causare eventuali disguidi si raccomanda agli autori di non concentrare l’invio degli elaborati negli ultimi giorni disponibili.

Le valutazioni dei testi inediti avvengono in forma anonima.
I giudizi delle giurie sono insindacabili e inappellabili.

 

 

NOTA BENE

 

  • Tutte le email con richieste d’iscrizione per poter essere accettate dovranno contenere la seguente dichiarazione:

 

L’autore, con la presente dichiara di aver preso visione e di approvare in tutti i suoi punti il bando del concorso e le modalità di partecipazione. Nel caso di partecipazione alle Sezioni B e C, dichiara inoltre che l’opera è inedita (viene considerata inedita un’opera non pubblicata in forma cartacea). L’opera può essere presentata contemporaneamente ad altri concorsi, ma nell’eventualità di altri premi e riconoscimenti, non può essere pubblicata (né in volume monografico, né in antologie) fino alla comunicazione ufficiale degli esiti del Concorso (per la Sezione B, che prevede come premio la pubblicazione, l’opera non può essere pubblicata, nemmeno in parte, pena l’esclusione). L’autore garantisce, sotto la propria responsabilità, la liceità dei testi dichiarando che l’opera è di sua esclusiva creazione e non lede diritti d’autore altrui, sollevando l’organizzazione del Concorso da qualsiasi responsabilità. L’autore consente l’autorizzazione al trattamento dei propri dati personali (D.L. N°196/2003). Il trattamento dei dati è comunque relativo al solo Premio e ai comunicati informativi sulle attività culturali e artistiche del Festival.

 

  • Per partecipazioni multiple (a più sezioni) è obbligatorio inviare una email per ogni sezione a cui si intende partecipare.

 

SEZIONI IN CONCORSO

Il Premio è diviso in 5 sezioni

Sezione A – Opere edite
Sezione B – Raccolte inedite
Sezione C – Poesie singole inedite
Sezione D – Poesia orale
Sezione E – Poesia visiva & Asemic Writing

 

ELABORATI AMMESSI

 

SEZIONE A (Opere edite)

Poemi, poemetti, sillogi, raccolte di poesia editi dal 2014 al 2018. Sono ammessi testi in altre lingue (o in dialetto) purché corredati di traduzione in italiano.

SEZIONE B (Raccolte inedite)

Poemi, poemetti, sillogi, raccolte di poesia inediti. Sono ammessi testi in altre lingue (o in dialetto) purché corredati di traduzione in italiano.

SEZIONE C (Poesie singole inedite)

Da un minimo di 1 a un massimo di 3 poesie inedite. Sono ammessi testi in altre lingue (o in dialetto) purché corredati di traduzione in italiano.

SEZIONE D (Poesia orale)

Un file audio, in formato Mp3, della durata massima di 3 minuti. Sono ammessi pezzi di sola voce, privi di accompagnamenti musicali e/o rumoristi.

SEZIONE E (Poesia Visiva & Asemic Writing)

Da 1 a 3 opere, in formato JPG, ad alta risoluzione.

 

CONDIZIONI

 

SEZIONE A (Opere edite)

Ad ogni autore e/o editore vengono richiesti un file in formato word o in formato pdf e 1 copia cartacea dell’opera.

 

SEZIONE B (Raccolte inedite)

Ad ogni autore viene richiesto un unico file anonimo in formato word o in formato pdf. I testi dovranno essere inediti. Per inediti si intende mai pubblicati in forma cartacea. Testi apparsi solo in rete sono da considerarsi inediti. Limite minimo 30 pagine – Limite massimo 50/60 pagine.

 

SEZIONE C (Poesie singole inedite)

Ad ogni autore viene richiesto un unico file anonimo in formato word o in formato pdf. I testi dovranno essere inediti. Per inediti si intende mai pubblicati in forma cartacea. Testi apparsi solo in rete sono da considerarsi inediti. Limite massimo N° 3 poesie singole. Lunghezza massima consentita 50 versi (per ogni singola poesia).

 

SEZIONE D (Poesia orale)

Ad ogni autore viene richiesto un unico file audio in formato Mp3. Il testo può essere sia edito che inedito. Limite massimo di durata 3 minuti.

 

SEZIONE E (Poesia Visiva & Asemic Writing)

Ad ogni autore viene richiesto un file formato JPG in alta risoluzione per ognuna delle opere inviate.

 

 

MODALITÀ DI INVIO
(per partecipazioni multiple è obbligatorio inviare una email per ogni sezione a cui si intende partecipare)

 

SEZIONE A (Opere edite)

(doppio invio sia telematico che cartaceo)

INVIO TELEMATICO

Formato elettronico come allegato pdf o word all’indirizzo concorsi@bolognainlettere.it con oggetto “Premio Bologna in Lettere – sezione A”. L’elaborato dovrà essere inviato entro il 15/01/2019. Allo scopo di agevolare le procedure di registrazione è obbligatorio allegare copia della ricevuta del versamento. Il corpo della email dovrà comunque contenere nome, cognome, data e luogo di nascita, indirizzo di residenza, recapito telefonico, titolo dell’opera e dichiarazione di accettazione delle norme.

INVIO CARTACEO

N° 1 copia dell’opera da inviare, per posta ordinaria (posta 4 pro o piego di libri; non effettuare spedizioni a mezzo raccomandata), a Comitato Bologna in Lettere C/O, Enzo Campi, Centro Postale Operativo, Sezione Videocodifica, Via Piccard 14, 42124 Reggio Emilia

 

SEZIONE B (Raccolte inedite)

INVIO TELEMATICO

Formato elettronico come allegato word o pdf all’indirizzo concorsi@bolognainlettere.it con oggetto “Premio Bologna in Lettere – sezione B”. Gli elaborati dovranno essere inviati, in un unico file anonimo entro il 15/01/2019. Allo scopo di agevolare le procedure di registrazione è obbligatorio allegare copia della ricevuta del versamento. Il corpo della email dovrà comunque contenere nome, cognome, data e luogo di nascita, indirizzo di residenza, recapito telefonico, titolo dell’opera e dichiarazione di accettazione delle norme.

SEZIONE C (Poesie singole inedite)

INVIO TELEMATICO

Formato elettronico come allegato word o pdf all’indirizzo concorsi@bolognainlettere.it con oggetto “Premio Bologna in Lettere – sezione C”. Gli elaborati dovranno essere spediti, in un unico file anonimo, entro il 15/01/2019. Allo scopo di agevolare le procedure di registrazione è obbligatorio allegare copia della ricevuta del versamento. Il corpo della email dovrà comunque contenere nome, cognome, data e luogo di nascita, indirizzo di residenza, recapito telefonico, titolo dell’opera e dichiarazione di accettazione delle norme.

 

SEZIONE D (Poesia orale)

INVIO TELEMATICO

Formato elettronico come allegato Mp3 (è preferibile usare piattaforme come WeTransfer o simili) all’indirizzo poesiaorale@bolognainlettere.it con oggetto “Premio Bologna in Lettere – sezione D”. Gli elaborati dovranno essere spediti entro il 15/01/2019. Allo scopo di agevolare le procedure di registrazione è obbligatorio allegare copia della ricevuta del versamento. Il corpo della email dovrà comunque contenere nome, cognome, data e luogo di nascita, indirizzo di residenza, recapito telefonico, titolo dell’opera e dichiarazione di accettazione delle norme.

 

SEZIONE E (Poesia visiva & Asemic writing)

Formato elettronico come allegato Jpg ad alta qualità all’indirizzo poesiavisiva@bolognainlettere.it con oggetto “Premio Bologna in Lettere – sezione E”. Gli elaborati dovranno essere spediti entro il 15/01/2019. Allo scopo di agevolare le procedure di registrazione è obbligatorio allegare copia della ricevuta del versamento. Il corpo della email dovrà comunque contenere nome, cognome, data e luogo di nascita, indirizzo di residenza, recapito telefonico, titolo dell’opera e dichiarazione di accettazione delle norme.

 

PREMI

SEZIONE A POESIA EDITA

La giuria individuerà 6 finalisti tra i quali verrà poi decretato il vincitore. Al primo classificato verrà corrisposto un premio in denaro. Tutti gli autori finalisti riceveranno un attestato e saranno presentati criticamente nel corso della cerimonia di premiazione che avrà luogo nel mese di maggio 2019.

 

SEZIONE B RACCOLTE INEDITE

La giuria individuerà 6 finalisti tra i quali verrà poi decretato il vincitore. Al primo classificato verrà assegnata la Pubblicazione gratuita dell’opera a cura di Marco Saya Edizioni. L’opera vincitrice verrà presentata criticamente nel corso della cerimonia di premiazione. Alcuni estratti delle opere classificate dal secondo al sesto posto verranno assemblati in un e-book con scheda e presentazione critica che verrà pubblicato on line su piattaforma issuu e potrà essere scaricato gratuitamente sul sito del festival. Tutti gli autori finalisti riceveranno un attestato e saranno presentati criticamente nel corso della cerimonia di premiazione che avrà luogo nel mese di maggio 2019.

 

SEZIONE C POESIE SINGOLE INEDITE

La giuria individuerà 6 finalisti tra i quali verrà poi decretato il vincitore. Al primo classificato verrà corrisposto un premio in denaro. Gli autori delle opere classificate dal secondo al sesto posto riceveranno un attestato e saranno presentati criticamente nel corso della cerimonia di premiazione che avrà luogo nel mese di maggio 2019.

 

SEZIONE D POESIA ORALE

La giuria individuerà 8 finalisti che saranno invitati ad eseguire la propria poesia dal vivo nel mese di maggio 2019. Il vincitore verrà decretato nel corso dell’evento e riceverà un premio in denaro.

 

SEZIONE E POESIA VISIVA & ASEMIC WRITING

La giuria individuerà 3 vincitori, le cui opere verranno esposte in una mostra dedicatadella durata di una settimana nel corso delle manifestazioni del festival nel mese di maggio presso la Millenium Gallery in Via Riva di Reno 77/A. Inoltre le opere vincitrici verranno pubblicate sulla rivista di critica e linguaggi di ricerca Utsanga.

 

ALTRI PREMI

Per le sezioni A-B-C la giuria si riserva il diritto di conferire una serie di segnalazioni alle opere più meritevoli. Gli autori segnalati riceveranno un attestato e saranno invitati a partecipare al reading collettivo che inaugurerà la stagione di eventi successiva (settembre/ottobre 2019). Inoltre il presidente delle giurie si riserva il diritto di conferire direttamente uno o più premi speciali per ognuna delle sezioni. I vincitori dei premi speciali riceveranno un attestato e verranno presentati criticamente nel corso del reading di cui sopra.

 

QUOTE D’ISCRIZIONE

A parziale copertura delle spese di gestione il Premio prevede quote d’iscrizione così distribuite

Sezione A – Opera edita – 10 euro
Sezione B – Raccolte inedite – 15 euro
Sezione C – Poesie singole inedite – 15 euro
Sezione D – Poesia orale – 15 euro
Sezione E – Poesia visiva & Asemic writing – 15 euro

 

La partecipazione a 2 sezioni prevede una tassa d’iscrizione complessiva di 20 euro. La partecipazione a 3 sezioni prevede una tassa d’iscrizione complessiva di 30 euro. La partecipazione a 4 sezioni prevede una tassa d’iscrizione complessiva di 35 euro. La partecipazione a 5 sezioni prevede una tassa d’iscrizione di 40 euro.

Gli editori che intendono iscrivere più opere possono contattare direttamente la segreteria del Premio che illustrerà le modalità agevolate di partecipazione.

 

I versamenti sono da effettuare esclusivamente a mezzo bonifico a favore di

BOLOGNA IN LETTERE – B.I.L.

Banca: UNICREDIT SPA – BOLOGNA VIA BELLARIA
Codice Iban: IT24O0200802461000103539948
Codice BIC/SWIFT: UNCRITM1PN1

 

ESITI

Gli esiti del Premio verranno comunicati pubblicamente entro il 10/04/2018 sul sito di Bologna in Lettere, sulla pagina facebook del Festival e su vari canali telematici.

La cerimonia di premiazione avrà luogo nel mese di maggio 2019, in data da destinarsi.

 

Per info 328 194 9252 – info@bolognainlettere.it

 

Composizione delle giurie

SEZIONE A
Daniele Barbieri, Sonia Caporossi
Giusi Montali, Enea Roversi, Enzo Campi

SEZIONE B
Daniele Poletti, Andrea Donaera, Francesca Serragnoli
Marco Saya, Fabio Michieli

SEZIONE C
Francesca Del Moro, Loredana Magazzeni, Antonella Pierangeli
Maria Luisa Vezzali, Giacomo Cerrai

SEZIONE D
Lello Voce, Dome Bulfaro, Nicolas Cunial

SEZIONE E
Mariangela Guàtteri, Francesco Aprile, Daniele Poletti

 

PRESIDENTE DELLE GIURIE
Enzo Campi

 

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Premio Bologna in Lettere – IV Edizione – Note critiche Sezione C – Poesie singole inedite

14 lunedì Mag 2018

Posted by enzocampi61 in Bologna in lettere, Uncategorized

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Premio Bologna in Lettere

IV edizione

2018

 

 

SEZIONE C

Poesie singole inedite

Presidente della giuria

Enzo Campi

Giurati

Francesca Del Moro, Loredana Magazzeni, Giacomo Cerrai

Antonella Pierangeli, Maria Luisa Vezzali

FINALISTI

Elena Cattaneo, Mi culla mia madre

Fabrizio Bregoli, Alba pratalia

Mara Mattoscio, L’inascoltato, la rotaia è ciò che resta

Andrea Donaera, Il padre. Un’ustione

Elena Micheletti, Alzheimer

Alessandro Silva, Il cuore di mio figlio

PRIMO CLASSIFICATO

Andrea Donaera, Il padre. Un’ustione

 

 

 

 

 

 

ANDREA DONAERA

Il padre. Un’ustione

 

Se bisogna che la cosa si perda per essere rappresentata, “Il padre. Un’ustione” del poeta pugliese Andrea Donaera rappresenta un esatto meccanismo testuale in tre tempi per l’accerchiamento della perdita. Un meccanismo che utilizza la forma triadica non per tendere a un impossibile processo dialettico, bensì per mettere in gioco il martirio del soggetto simbolico attraverso la compilazione di un catalogo affettivo (i fumetti, i presepi, le matite, i temperini…) come regressione al profondo, complice la convocazione di tre autori esemplari della chiusura edipica: un contemporaneo esplicitato in esergo (Michele Mari, «adesso poteva tornare, e seppellirsi nel letto») e due pietre fondanti del moderno con le allusioni iniziali della «blatta sul tuo cuscino» (Kafka) e della «fontana tutta sangue» (Baudelaire). Nella prima sezione il «Grande Altro» paterno è già irrimediabilmente perduto all’esperienza e introiettato nell’immaginazione: «Ti immagino, ormai: e basta». La scrittura, per quanto franta, si trattiene all’interno della consolazione retorica, con la disseminazione di versi tradizionali, le anafore, le epifore, le ripetizioni che alludono al liturgico dell’atto di dolore («e quanto mi pento, quanto mi pento»). La seconda parte estremizza la regolarità metrica costruendosi di prevalenza sull’endecasillabo, ma tematicamente introduce i materiali sdrucciolosi dell’onirico. Qui il paesaggio si sfalda nell’acqueo («mare marcio», «meduse tremule»), ma il risultato dell’immersione in questo «bagnare incessante» è, concorde al discorso bilogico del sogno, un precipitato di polvere. Si arriva così alla terza sezione, dove è messo in scena l’agon («la lotta è… per non riconoscerti») e il destino di conflitto sbaraglia il verso per tramutarlo in un flusso continuo, o piuttosto continuamente interrotto da parentesi quadre, tonde, più che chiuse «socchiuse», virgole, il cozzo dei mai e dei sempre, tra sgretolamento e ricomposizione fino alla sospensione finale del soggetto in un’infanzia pietrificata nel desiderio («pulisci il mio mento sporco di gelato»). (Maria Luisa Vezzali)

 

 

 

ELENA CATTANEO

Mi culla mia madre

 

 

I tre testi offerti alla lettura da Elena Cattaneo ci dicono la complessità di una condizione esistenziale, quella delle donne, che non si limita a circoscrivere un orizzonte esperienziale privato ma si allarga a comprendere una più vasta umanità, fatta di solidarietà e condivisione. La carezza della madre che non riesce a toccare la pelle della figlia (Mi culla mia madre, /sono sfera rassicurante./ Non mi accarezza,/ sono fatta di idee, /ritagli di riviste./Senza ossa) diviene urticante tocco d’ortica, impossibilità di cammino sicuro (Questa donna ha mani d’ortica/ braccia imbavagliate/ piedi di sirena), ma anche riconoscimento di altri corpi, altre maternità lontane da noi eppure presenti e vive, della poesia “Antipodi”: (Ecco la mia carezza/ a dire che siamo uguali,/ madri agli antipodi,/sorelle nel cuore). Lo fa con una modalità di racconto visionaria e crudele: la visione non è affrontabile senza dolore, a molti “buca gli occhi”, diventa quell’Immemorabile dire che attiene alla perenne ricerca di sé e dunque alla poesia. Poesia che si guarda bene dallo scivolare liquido e inoffensivo del poetese, ma cerca snodi, slogature, punti di sutura che saltano per dire la complessa realtà del presente e le sue contraddizioni. (Loredana Magazzeni)

 

 

ELENA MICHELETTI

Alzheimer

 

 

Cos’è che caratterizza la poesia di Elena Micheletti? Forse una certa capacità di rappresentare che il mondo non è che una costellazione di frammenti di dolore, ciascuno dei quali ha bisogno di essere ridotto ad un lacerto comprensibile, o forse soltanto umanamente sostenibile, da  chi sia capace di volgervi uno sguardo consapevole, che va come quello di Elena dalla periferia del paesaggio al centro delle cose. Elena crede che la poesia serva anche a questo, proprio perché capace di evadere da un recinto tristemente razionale, anche quando sembra che non ci sia niente di ragionevole in certi accidenti della vita, per raggiungere una dimensione più alta, forse mitica. Ed ecco ad esempio che un fatto drammatico come una donna, forse una madre, colpita dall’ Alzhheimer, ridotta a una bambola che gioca con le bambole, viene sublimato in un delicato ritorno all’infanzia e ai suoi segni, ad una innocenza che tuttavia non può essere priva di rimpianti perché non cancella il dolore di chi scrive. La poesia di Micheletti è insomma sostenuta da una pietà naturale non priva di speranza, che non cede a nessun patetismo o a crepuscolari malinconie e che non si compiace nemmeno quando l’autrice parla di sé stessa e delle sue afflizioni, e da una notevole capacità di condensazione emotiva, che si esprime anche per mezzo di un linguaggio leggero ed essenziale. (Giacomo Cerrai)

 

 

 

 

FABRIZIO BREGOLI

Alba pratalia

 

 

La poesia di Fabrizio Bregoli, ombreggiata da un vivo senso della labilità delle cose e della loro fuggevolezza, è percorsa da un’ innata attrazione nei confronti della parola e del linguaggio, visti non più come strumento di dominio e controllo della realtà, ma come entità distruttrici che s’alimentano di finzione e di maschere in un desertico baluginare di vuoto: ”Anche il bianco sa ferire, s’annida/ un buio in quel suo lucore d’ossa.”(Alba pratalia). Disseminato di enigmi, perpetuamente alla ricerca di epifanie minime in una mancanza originaria di appartenenza, il versificare di Bregoli si distende in silenzi trattenuti, straniati da una sorta di inarticolato horror vacui che, nella biancheggiante apertura del bellissimo Alba pratalia, accompagna in dissolvenza il meccanico accanirsi della parola verso un graduale processo di dilatazione fonica. L’esigenza estetica da cui prende impulso la poesia di Fabrizio Bregoli non muove infatti dalla ricerca di una voce poetica depurata, siderale, lontana dal lessico della comunicazione quotidiana, ma dal dato sensoriale, dall’immanenza dei luoghi e dei personaggi che bussano alle porte del poetico per essere poi trasferiti sul bianco della pagina attraverso un impasto di immagini e suono: “C’è un mondo che reclama, un accadere/ indenne, laterale: il rinnovato/ corteo delle formiche, compiaciute/ della loro briciola…” (Alba pratalia).  E’ proprio l’osservazione di tutto ciò che cade nel giro dello sguardo, e che misura la finitezza della propria rovina, a rendere transitabile la parola e a far sì che si ricongiunga al proprio oggetto, attraverso una tensione lessicale che vede muoversi simultaneamente ritmo e timbro. La poesia si contrassegna infatti  per un’attenzione elettiva alla tecnica, sul filo d’una sapienza formale impercettibile, volta a costruire il verso con un’accurata opera di cesellatura, che disegna differenti piani, creando un affascinante e spericolato giuoco d’intersezioni e di rimandi, quasi che il filo del discorso si insegua e ricada continuamente su se stesso, procedendo a spirale piuttosto che in linea retta, vivisezionando il poeta stesso, in un continuo ed illuminante intersecarsi di poetica, meditazione critica ed autoriflessione. Si colgono, nei bellissimi testi qui presentati Alba pratalia,  IRINA KRATULOVA (Donor No. 34576148-2, BioTexCom* Inc. – Kiev), Pancabbestia, moduli compositivi desolatamente intessuti di una leggerezza tragica, quasi espressionista, coagulata in un roccioso realismo delle immagini che si stempera nella pur presente concretezza delle cose e nella sua aspra dissonanza: ”La dotazione è minima: un violino/ tarlato, un labrador, fornello a gas:/ numeri d’un terno mancato.” (Pancabbestia). Qui la desolazione spettrale di un viaggio al limite della sopravvivenza evoca un vitalismo macabro, dai tratti oscuri di un bagaglio coatto e difforme con cui affrontare l’esistere, manifestando montalianamente una  lontana funzione salvifica attraverso la memoria del reale “spilla da balia che raccorda/ il cielo al nulla” (Pancabbestia). L’immagine feticcio di questi testi, tutta giocata sulla connotazione di “un accadere prima che scada il tempo d’una conta” (Alba Pratalia metafora, d’altronde, dello sgranarsi del tempo come per un implodere e contrarsi di macerie e rovine) ha la consapevolezza amara e implacabile di uno stile che spazia senza sussulti dal registro alto a quello quotidiano, secondo un modus scribendi proprio di tutti i testi di Bregoli:”Qui si sconfina come a terra franca la satira di un sole, o la sua surroga” (IRINA KRATULOVA (Donor No. 34576148-2, BioTexCom* Inc. – Kiev). E’ proprio in questo spazio disumano, sapientemente contaminato di suggestioni inquietanti, sottese al tema della labilità irreversibile e tragicamente rivissuta di uomini e cose, che la poesia di Bregoli appare sempre più intessuta di echi fittissimi, che sovente gli servono per evocare scenarî di squallida e grigia quotidianità, di ascendenza eliotiana, nei quali le figure stesse della realtà, smessa ogni suggestione lirica, sono solo una pallida immagine dell’inferno terreno, la cui ambientazione è quella delle traiettorie desolate e livide di hopperiana nostalgia. Metafora e luogo elettivo d’una disperata vitalità, costituita per metà dal transitorio, dal fuggitivo e dal contingente, e per l’altra metà dall’eterno e dall’immutabile, la poesia di Bregoli lavora a strappare alle immagini del tempo la loro temporalità di eterno presente, costituendosi frammento distonico di una memoria simulacro di quell’aporia del nulla  che entra nel campo della poesia solo quando si allontana dal contingente. Passato e presente si allineano dunque in uno speciale tempo dilatato, bergsoniano, che viene a raggelarci in una modernità folgorante, costringendoci nel battito marziale di una dislocata lontananza solo apparente, come “la solitudine di tutte le porte/ dove ho costretto l’esilio dei passi.” (Antonella Pierangeli)

 

 

MARA MATTOSCIO

L’inascoltato, la rotaia è ciò che resta

 

 

I tre testi presentati da Mara Mattoscio appaiono omogenei, come tre movimenti di un unico poemetto. Ad accomunarli sul piano dello stile è l’utilizzo di un linguaggio ricercato e denso di figure del significante e del significato nonché la vivacità grafica data da versi e strofe di lunghezze e allineamenti differenti e dall’utilizzo di segni grafici quali barre oblique e trattini. Questi ultimi frammentano il discorso facendo coesistere possibili segmentazioni di lettura e suggerendo la possibilità di interpretare i versi come composti a loro volta di unità minori, sorta di sotto-versi. Sul piano tematico, la costante che lega i tre componimenti può essere individuata nella tensione verso una comunicazione che appare per molti versi frustrata. Già la parola “monologo” che dà uniformità ai titoli presuppone un unico parlante piuttosto che uno scambio, un parlante che fin dall’inizio sappiamo inascoltato. Termine, questo, a cui in realtà possiamo riconoscere una duplice valenza così come ad altre espressioni utilizzate nei testi: l’inascoltato da intendersi come sostantivo coincide con “il parlatore”, ma come aggettivo si riferisce a quell’oceano che rappresenta l’immensità dell’inesprimibile, dell’incomunicabile, potremmo dire dell’inconoscibile, che sfugge alla trasposizione verbale. L’oceano tra una conversazione e l’altra è ciò che vanifica gli sforzi del parlatore e dell’ascoltatore, già negati peraltro dalla parola “inesistente” che in posizione di quasi-anafora introduce le prime due strofe. Questa è a sua volta passibile di due interpretazioni: da un lato è ciò che non esiste e dall’altro, filosoficamente, ciò che inesiste. Viene il sospetto che sia il parlatore, che ci parla, sia l’ascoltatore deputato ad accogliere la nostra urgenza espressiva siano da individuarsi in qualche entità superiore, in qualche Dio, oppure, cosa non troppo diversa, un sé virtuale che possa “dire tutte / di luce le parole”, come recita un verso della seconda poesia. Il “dire” resta quindi un anelito, avente del resto come obiettivo l’opera, che con ironia viene catalogata nelle forme di “sovraromanzo supertrattato iperpoema” e “vita detta non detta o poco detta”. Qui si riconoscono i due stereotipati poli letterari, ovvero il tentativo di trascendere, esagerare, sublimare (sovra- super- iper-) oppure fare i conti con la vita nelle varie gradazioni con cui questa si rivela (contrapposizione che si riflette tra il sé virtuale in trionfo sulle idee e il sé di corpo trafitto dalla gente). L’ironia non manca in questi versi elaborati e si può percepire nella scelta del verbo “vociare” cui segue la serie allitterante “sillaba sibilo o silenzio”. Mentre le prime poesie si incentrano sulla dinamica del dire, l’ultimo componimento si arricchisce di elementi più concreti, dipingendo meticolosamente un contesto geografico con un procedimento a vortice che chiama e richiama in causa gli stessi elementi: il centro, i confini o margini, i monti e il mare con il porto. E i briganti, che compaiono più volte, protagonisti della storia. Il titolo ci rimanda alle cronache del brigantaggio in Abruzzo, che nella storia d’Italia ebbe spesso risvolti insurrezionali. Ma anche qui torna il tema dell’inascoltato con l’espressione “grande orecchio” già presente nella prima poesia. Un orecchio che, con una sinestesia, è definito “muto” e, ancora, ignaro. All’orecchio viene attribuito un atteggiamento proprio di un corpo intero, in cui si può riconoscere quello della vittima di un’esecuzione sommaria. Se l’orecchio lega il terzo componimento al primo, è il termine “seduta” a ricollegarsi al secondo, segnando il precipitare del ritmo nel fallimento. Nella seconda poesia, sulla sedia d’osso del “mai accadere” il tentativo di dire si smorza in un “lento, bianco, ammutolire” – si pensa allo “scendere nel gorgo muti” di pavesiana memoria – il terzo componimento si chiude con l’identificazione tra l’io e una Medusa seduta nella Storia, laddove la medusa stessa ha la duplice valenza di creatura acquatica (qui preceduta da altre specie) e di Gorgone mitologica, muta presenza passiva, che rimane in silenzio mentre si odono solo annunci di futuri immaginari gridati dai gabbiani. (Francesca Del Moro) 

 

 

 

ALESSANDRO SILVA

Il cuore di mio figlio

 

 

Una delle cifre stilistiche di Alessandro Silva sta nella capacità di ripensare e rielaborare in maniera articolata e coerente l’eredità trasmessa dalla storia, dal mito, dalle arti. Un procedimento tutt’altro che originale di per sé ma che nei versi di Silva si arricchisce sempre di particolare inventiva attingendo sovente a tradizioni poco diffuse. In questo caso il collante tra i testi presentati è dato dalla religione cristiana che, se da un lato è spogliata della sua aura di sacralità (dissacra è infatti una delle parole che aprono la prima poesia), non è tuttavia completamente ribaltata o satireggiata. Il tono liturgico è già impostato sin dal primo componimento dedicato a un’epifania mattutina, che si apre e si chiude con l’ammissione della nostra pochezza, del nostro essere biblicamente polvere. I versi di Franco Loi citati in epigrafe si fanno portavoce di questa dichiarazione di umiltà e il poeta giunge a sposarla con parole proprie alla fine, ricordando sé stesso come bambino religioso, ma meno generoso di un ateo, ovvero un “niente di memoria del Suo sangue”. Qui viene messa in dubbio la bontà della fede, una prospettiva già delineata dai versi precedenti in cui una serie di Angeli non crea bellezza ma entra in sintonia con la scompostezza del mattino, svergognato nei rumori e nella materialità del dormiveglia, nel disordine del letto. Il volo di Angeli che sputano calce e poi si mutano in pietre castigatrici non è che uno dei molteplici riferimenti biblici in questa sorta di anti-estasi mattutina, dalla scala di Giacobbe alla risurrezione di Lazzaro o di Cristo, dagli agnelli che rimandano al sacrificio di Isacco, fino agli episodi di Sodoma e Gomorra. Motivi religiosi sono presenti anche nella seconda poesia in cui l’essere umano si sposta dal centro dell’universo per confrontarsi con le altre creature, in questo caso i cani, esseri dotati di arcane capacità percettive, dato che “stanno coi nomi dei morti e capiscono il modo in cui si consuma lo spazio bianco delle cose”. Ma i cani hanno un’altra qualità che li rende superiori agli esseri umani: la fiducia. Sta a noi apprenderla da loro, mentre restiamo invischiati nell’eterna lotta tra bene e male, uno scontro che da spirituale diviene fisico, vedendo come antagonisti i demoni malati che ci cuciamo in corpo e il cuore di spine in fiamme di Gesù frenato nella nostra gola. Il cuore torna nel titolo dell’ultima poesia, suggerendo un’identificazione tra “mio figlio” e il figlio di Dio. Nell’immagine del corpo sovrastante un abisso, di cui si colgono solo la schiena e le braccia, sembrano profilarsi la forma della croce e la statua del Cristo Redentore di Rio de Janeiro. Questa figura sospesa sul vuoto, in cui Dio e l’uomo vengono infine a coincidere, si staglia al centro dell’ultima poesia che insegue il linguaggio della terza cantica dantesca (i tre componimenti potrebbero in effetti riprodurre la scansione dell’oltremondo dantesco), nel tentativo di dire l’indicibile paradisiaco attraverso immagini di grande bellezza: “la mira perfetta del cielo brilla”; “il precipizio di luceargento”, “la cima del fiore che gela orbite / in moto di particelle antiche”. Ma in questi versi pieni di luce, non manca la consapevolezza della nostra miseria. Sotto un cielo post-apocalisse il cui splendore è sporcato da piume lacere e insetti senz’ali, l’uomo sale al fiore sublime ma resta piccola creatura, insignificante, un seme minuscolo e sfibrato che tuttavia si richiama al Seme divino citato nella prima poesia e ha in sé la facoltà di generare.  (Francesca Del Moro) 

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Enzo Campi – phénoménologie

06 martedì Feb 2018

Posted by enzocampi61 in Enzo Campi, Filosofia, Letteratura contemporanea, Letteratura Necessaria, poesia, Poetiche del pensiero, Uncategorized

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Enzo Campi, Frequenze Poetiche, Letteratura, letture, Performance, phénoménologie, Poesia, Poesia e filosofia, Poesia italiana contemporanea, riflessioni, testi

etc

et

e

la progressione in calando aiuta non poco.

ma noi sappiamo che non ci si può imbastardire

praticando la logica formale.

 

l’unica procedura di risoluzione è un

anello

potenzialmente neutro.

*

continua a leggere qui

http://frequenzepoetiche.altervista.org/enzo-campi-phenomenologie/

 

cop-fronte phenom

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